Progetto per la Cultura non conformista

30 Ottobre, 2003 | Di | Categoria: POLITICA

Ben vengano gli appelli come quello che Bruno Murgia ha lanciato agli intellettuali  della ‘cosiddetta destra’  dalle colonne de “L’Unione Sarda” lo scorso 2 ottobre. Evento  raro nel ‘versante destro’ della politica italiana, dove raramente si assiste a momenti di riflessione sulla cultura, ad occasioni di confronto e dove aleggia una ben nota allergia, quasi congenita, nei confronti della cultura, della conoscenza, del dibattito, del pensiero.

Amara riflessione che nasce da molteplici esperienze, non ultima quella di ‘provocatore culturale’ con l’Associazione Culturale “La Fiaccola”, realtà cagliaritana che ha rimesso in pista temi scottanti che il ‘politically correct’ aveva fatto sparire dal dibattito ottenendo discreti e soddisfacenti successi.

In prima fila, affetta da questa ‘idiosincrasia’, tranne lodevoli eccezioni, proprio la classe dirigente di Alleanza Nazionale. Quella che oggi governa. Quella che amministra. Quella che rappresenta il partito negli Enti Locali e nelle sue espressioni periferiche. Che sembrerebbe maggiormente appassionati alle estenuanti discussioni all’interno delle rispettive Assemblee elettive o alle interminabili e sterili divisioni correntizie.

Non accorgendosi che a destra necessita una decisa ricostruzione, o meglio una ponderata riappropriazione della propria identità culturale. Un serio progetto per rilanciare la Cultura Non Conformista. Ancor più urgente in tempi sospetti di liberismo selvaggio, di vagheggiate adesioni al Partito Popolare Europeo, di risultati elettorali balbettanti per la destra istituzionale, di eccentriche derive extraparlamentari,  di pentimenti non richiesti che puzzano di strumentale, di gite turistico-politiche sospette, di imprevisti e prodigiosi passi in avanti per spiazzare alleati ed avversari diventati salti nel vuoto che spiazzano militanti ed elettori.

 Una decisa riappropriazione che, tra le dovute puntualizzazioni, ribadisca alcuni punti fermi, consapevoli del fatto che nessuna politica può andare lontano senza un progetto culturale che la sorregga. La politica senza cultura diventa un mostro dedito alla gestione ed all’amministrazione, una scienza senza anima.

La denuncia-appello di Murgia è la conferma, arrivando da un punto di osservazione istituzionale di primo piano, che siamo al cospetto di un ambiente assopito ed addirittura poco stimolato dalla fortuna di poter vantare un invidiabile patrimonio culturale, un’eredità di tal fatta, un gigantesco ed inesauribile giacimento di idee e valori dai quali attingere le soluzioni per il Terzo Millennio.

Quanta rabbia nel vedere che anche le questioni emergenti dei nostri giorni, pur potendo trovare adeguate e puntuali risposte da destra sono colpevolmente trascurate ed affidate gratis nelle mani di altri che, più abili e lesti,  se ne appropriano indebitamente. Basterebbe citare il tema della critica alla globalizzazione. Argomento che più di destra non si può, proprio perché è la destra che storicamente può vantare un deciso sostengo alla cultura delle identità, delle differenze, delle tradizioni, contro l’omologazione del pensiero, contro il pensiero unico, contro l’internazionalismo. Il tema del futuro dell’Europa. Proprio il Vecchio Continente, protagonista di uno slogan che tutti i militanti della destra italiana hanno gridato almeno una volta in faccia ai comunisti internazionalisti: Europa, Nazione, Rivoluzione! Era il sogno dell’Europa delle Nazioni e dei Popoli, da sempre rivoluzionario e di destra. E’ tempo, invece, di Europa dei mercati, o meglio dei mercanti, e delle burocrazie tecnocratiche che dalle scrivanie di Bruxelles decidono per tutti.  Ed ancora, è forse conciliabile la visione di un’Europa forte ed unita, politicamente, militarmente e culturalmente, con quell’unanimismo, quasi assoluto, che ha visto i ‘destri’ allineati e coperti sotto le bandiere ‘a stelle e strisce’? Simbolo che rappresenta una visione del mondo ed una missione nel mondo che intende i diritti ed i destini dei popoli subordinati alle esigenze dell’economia, strumento provvidenziale per la realizzazione di un mondo unico, omogeneo, senza più differenziazioni, acquattato sotto il domino di un solo e onnipotente supergoverno. Eccolo il vero mostro della ‘globalizzazione’ che prende corpo.

Eppure a destra, una volta ingigantite le armi a disposizione con l’ingresso nella stanza dei bottoni, è mancata la volontà di perseguire un’azione culturale, viziata dall’idea malsana che la cultura non porta voti. Serve un’azione che ribadisca il primato della politica sull’economia, che riporti all’ordine del giorno il recupero della Patria quale sentimento unificante del popolo italiano, che salvaguardi i valori profondi della tradizione italiana ed europea, che riapra le pagine di storia dimenticate per la conoscenza come pluralità di memorie e di testimonianze, che riaffermi i valori del radicamento, dell’identità e della libertà. E si potrebbe proseguire con una lunga lista.

Si tratta di battaglie che la destra ha abbandonato, timorosa di essere ricacciata nel famigerato ‘ghetto’ dove aveva combattuto con dignità ed onore. Battaglie che invece andavano combattute fino in fondo, senza riserve mentali, senza pudore, senza timori di risultare politicamente scorretti, di essere attaccati o strumentalizzati. Battaglie che la destra deve alle generazioni future perché possano trovare una cultura libera e soprattutto spurgata dalle menzogne ed a quelle passate che tanto hanno dato senza nulla chiedere per difendere i suoi valori.

Oltretutto, la destra istituzionale che governa – oggi rappresentata da AN – deve anche farsi perdonare la responsabilità di aver troppo trascurato alcuni settori vitali della società civile, addirittura isolando ed emarginando le più belle menti del pensiero nazionale del dopoguerra.

Esiste comunque una vivace attività da parte di operatori culturali – e tra questi intende ascriversi a pieno titolo anche l’Associazione “La Fiaccola” – che tuttavia, coi pochi mezzi a disposizione e senza l’ausilio della politica, producono iniziative spontanee e locali, assai meno conosciute e considerate di quel che meriterebbero.

Ora basta coi piagnistei di cui la destra è stata a lungo protagonista. Al lavoro,  consapevole delle sue radici e del suo progetto sociale e nazionale, per sapersi porre  all’avanguardia attraverso un’articolata strategia di rinnovamento, di penetrazione e di gestione per dare vita ad un’organizzazione culturale senza più imbarazzanti ed immotivati complessi d’inferiorità culturale nei confronti della sinistra o dell’area liberale. Occorre lavorare attivamente per rovesciare gli oligopoli della cultura che regnano da decenni in Italia, sostenendo la creatività e la professionalità degli operatori culturali non conformisti. All’insegna del pensiero del poeta americano Ezra Pound: “L’unica cultura che riconosco è quella delle idee che diventano azioni”.

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