Con ampio anticipo rispetto ai ludi cartacei, sommessamente e pacatamente, ho partecipato al dibattito che si è sviluppato all’interno di una ben individuata Comunità politica. Ho scritto di “Araba fenice”, qualcun’altro più famoso di me ha parlato di “Itaca”. Ho sfidato a dare prova di coraggio, allentando le eventuali differenze ed accantonando le sicure rivalità per unire, così da presentarsi compatti con un progetto identitario ed alternativo, anche al Cavaliere. Non contro, ma distinti e distanti da Berlusconi, che, a riprova della crisi, resta tuttora la punta avanzata del centrodestra, nonché, se giungesse un’inaspettata vittoria, senza rivali per essere nuovamente il Presidente del Consiglio, alla faccia ovale di Angelino.
Ovviamente, si sarebbe dovuta preventivare una sconfitta certa e qualche anno (non necessariamente cinque, vista la frammentarietà dello scenario politico) di strenua opposizione, che avrebbe però fortificato il progetto e contribuito a formare e selezionare una classe dirigente all’altezza della prossima sfida elettorale, ma soprattutto a renderla credibile agli occhi del popolo italiano.
Invece, l’alleanza col Pdl, forzata e conveniente, ma poco convinta e tanto meno convincente, sta creando disagio e difficoltà. Silvio è scatenato ad ogni ora su ogni rete, lancia proclami programmatici senza aver mai consultato gli alleati di coalizione, sbilanciandosi fino a diventare uno strenuo propugnatore del bipartitismo, a spese di quei partiti definiti spregiativamente ‘piccoli’, anche se suoi alleati. Come se la bontà delle idee e degli uomini si misurasse in voti. Sempre abile nel dettare, quasi quotidianamente, l’agenda politica per costringere avversari ed alleati a pronunciarsi sui temi da lui prescelti.
Invece, la strategia scelta da “Fratelli d’Italia” e da “La Destra” è stata diversa ed è ormai definita. Forse, è stata quasi obbligata, soprattutto se si considera la tempistica a scoppio ritardato dei meloncrosettiani nell’uscita dal Pdl. Perciò, ogni attuale ragionamento deve partire da questo status quo.
Copiando da Otto von Bismarck, voglio considerare la politica come la dottrina del possibile. Quindi, accetto il fatto che la legge elettorale ha imposto un approccio pragmatico, pur di conquistare qualche seggio in Parlamento. E, senza evocare il naso di montanelliana memoria, considero queste elezioni nazionali come una sorta di ultima spiaggia per contaminare il Palazzo con qualche esponente della succitata Comunità politica, al quale le due liste fanno riferimento. Se è lecito confidare che dal 26 febbraio due valorose pattuglie occuperanno le aule sorde e grigie romane, è cosa buona e giusta auspicare che, in tempi brevi, si possa ripensare ad un’unica realtà da riproporre come punto di riferimento per i tanti ‘apolidi politici’. Soprattutto per coloro che domenica 24 e lunedì 25 si riavvicineranno alle urne riponendo la scheda come ultimo barlume di un’Idea o che addirittura hanno individuato in Grillo l’unico voto utile.

9 pensiero su “Senza turarsi il naso…”
  1. Non mi convinceva molto Storace…. conosco bene, ma Fratelli d’italia mi convince ancor di meno,,,.

  2. Se bastassero le chiacchiere a fare la buona politica, l’Italia sarebbe il paradiso del diritto e della democrazia…

  3. Hai ragione ma bisogna subito partire per formare quella forza di Destra che tra tre anni circa dovrà presentarsi alle prossime elezioni

  4. La scelta è: occuparsi di politica attivamente oppure preferire la semplice testimonianza. Se scegli la prima l’unica possibilità è quella indicata…

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