«C’era una volta…
un Condominio con tante famiglie, che, unite da un ‘idem sentire’, si sono frequentate per anni, andando più o meno d’accordo, con alti e bassi e pure qualche furiosa lite nelle riunioni condominiali.
Poi, per colpa di un capo condomino ingordo e sleale, con l’acquiescenza complice di tanti capofamiglia, si sono tristemente allontanate, alcune addirittura invise tra loro, altre ormai disincantate.
Da tempo, si parla di organizzare un ‘momento conviviale’ per ritrovarsi. Però, é sempre più evidente (ma anche comprensibile) che se ognuna pretende di organizzare la ‘cena’ a casa sua, é forte il rischio che questo momento non si realizzerà mai. Perché, ovviamente, sarebbe il nucleo ‘padrone di casa’ a decidere i posti a tavola, le pietanze e pure le posate. Troppa discrezionalità, ovviamente sgradita agli altri commensali, al di là dei rapporti reali.
Perciò, è innegabile che sia più utile all’obiettivo scegliere un ristorante, dove quindi tutti saranno ospiti, stabilendo però alcune regole, almeno per i posti a tavola che spettano ad ogni famiglia. Perciò, se una comunità è più numerosa e più organizzata avrà necessariamente più spazio e così via… Mentre, sulle pietanze sarà più facile trovare un’intesa perché i gusti sono simili e conosciuti. Stesso discorso per le posate che saranno scelte anche in base alle portate.
Uno degli intoppi, attualmente, è rappresentato dal fatto che una di queste famiglie è più numerosa e meglio organizzata, oltre ad aver assunto alcuni ruoli nella società, e perciò pretende di dettare legge su tutto: “Venite tutti a casa mia, si cucina questo e quello, si mangia così… prendere o lasciare!!!”
Però, alcuni eventi recenti dovrebbero averla resa maggiormente consapevole che senza l’apporto di altre comunità rischia di continuare a cenare sempre più sola, finendo per perdere anche i ruoli sociali che ha faticosamente conquistato.
Inoltre, questa famiglia non appare più come un monolite ed all’interno si intravedono le prime crepe sull’unanimismo che ha sempre caratterizzato le sue decisioni, a volte dettate da un egocentrismo esasperato.
Per raggiungere un minimo accordo ed organizzare la ‘cena’ sarà anche necessario portare tutte le famiglie a miti consigli con inevitabili sacrifici reciproci. Per esempio, accantonando, almeno nella fase organizzativa, le ‘antipatie’ per qualche ‘commensale’, trascurando le ‘diete’ già avviate, superando la ‘repulsione’ per qualche ‘pietanza’ e vincendo la ‘poca familiarità’ con certe ‘posate’.
Dopo tante divisioni e dissapori, ora nel condominio si trovano anche tanti ‘single’, alcuni dei quali, forti del loro ascendente, potrebbero dare il proprio contributo, agevolando questo momento conviviale ed accantonando il forte individualismo che spesso pervade certi percorsi di vita.»

Sembra un racconto fantastico (genere letterario che narra una vicenda che per alcuni aspetti si colloca al di fuori della normalità, con episodi misteriosi ed inspiegabili, seppure ambientati nel mondo reale) frutto di pura fantasia. Invece, il consiglio è di leggerla come una parabola con conseguente morale, da indirizzare ad una comunità politica che da troppo tempo si è smarrita e non riesce a recuperare un momento di unità per il bene delle sue Idee, della sua Patria e del popolo.
Credo che molti di coloro che leggeranno, qualsiasi sia la loro attuale condizione nel ‘Condominio’, potranno individuare un ruolo da protagonisti nella promozione e nell’organizzazione di questa ‘cena’, perché, mai come oggi, i ‘periferici’ possono condizionare le scelte dei ‘centralisti’.
A buon intenditor poche parole…

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