Dal 2004, quando il Parlamento Italiano ha deciso che il 10 febbraio diventasse la Giornata del Ricordo, si sono succeduti tanti appuntamenti dedicati ai Martiri delle Foibe e all’Esodo Giuliano-Dalmata, ricordando le tragedie vissute dai tanti connazionali che, tra il 1943 ed il 1947, prima erano stati vittime della pulizia etnica anti-italiana, attuata dai partigiani comunisti del maresciallo Tito, e poi erano stati cacciati dai nuovi governanti delle terre (Istria, Fiume e Dalmazia) ‘regalate’ alla Jugoslavia. Cerimonie e convegni per ricordare le oltre 10.000 vittime, donne, uomini, vecchi e bambini gettati, spesso vivi, nelle cavità dell’altopiano carsico per la sola colpa di essere italiani. Tra questi oltre 140 sardi, soprattutto minatori e militari.

Un piano di pulizia etnica completato con il totale annientamento della cultura e della lingua italiana: 350.000 italiani furono obbligati dal terrore a lasciare la propria terra, privati di tutti i beni, portando via pochi ricordi e rifugiandosi in ogni angolo del Mondo, compresa la Sardegna.

Per decenni, su queste tragedie nazionali, era calato l’oblio, la censura della storia scritta dai vincitori, che non hanno avuto alcuna pietà per il dolore di tante famiglie, occultando, falsificando, mistificando la verità, fin dai libri scolastici, affinché non restasse traccia di quelle vicende nelle giovani generazioni, a cominciare dalle responsabilità dei comunisti italiani che appoggiavano la strategia criminale jugoslava.

In sedici anni, certamente, sono stati compiuti importanti passi avanti verso l’affermazione della verità storica, ma il cammino per spezzare la catena di omertà e di bugie è ancora lungo. E’ ancora lungo se, a ridosso del 10 febbraio, strade e lapidi dedicate alle Foibe vengono deturpate da scritte odiose e vigliacche, come ad Udine, dove nel parco dedicato è stato scritto “Né vittime né martiri, solo fascisti e spie”. Se, in Veneto, un ex sindaco del Pd ha condannato la realizzazione di un monumento voluto dall’Amministrazione comunale.

Se, lo scorso martedì, l’Associazione partigiani ha tenuto un seminario al Senato che, seppure fosse sul “Dramma delle Foibe”, era incentrato sul fascismo e sui “Crimini dei fascisti dal 1919 al 1945” (titolo di una relazione), con l’evidente intento di trovare una giustificazione agli eccidi. Se l’Anpi di Lecce ha contestato la decisione di intitolare una via a Norma Cossetto (24enne studentessa istriana, torturata, violentata e gettata in una foiba nel 1943 ed insignita, nel 2005, della medaglia d’oro al valor civile dal Presidente della Repubblica Ciampi), definendola “una presunta martire” e considerando l’iniziativa “deplorevole e mistificatrice della memoria della guerra partigiana”. Atteggiamenti avallati da qualche ‘storico’ disposto a sacrificare la verità sull’altare del fanatismo ideologico, brandendo la storia come arma per la battaglia politica.

Dopo anni di bieco negazionismo, che ha imperato nel silenzio di Istituzioni e cultura ufficiale, hanno generato il giustificazionismo, nuovo filone storico al quale si aggrappano alla disperata ricerca di alibi e pretesti, terrorizzati dal dover ammettere che anche partigiani italiani combatterono in quelle terre al fianco di quelli slavi. “Io non scordo”, recita uno slogan dei manifesti commemorativi di quelle tragedie: ogni italiano si senta impegnato a non scordare, anche partecipando alla cerimonie per la Giornata del Ricordo.

Fabio Meloni

(dal quotidiano “L’Unione Sarda” del 9 febbraio 2020)

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