Le recenti vicende all’interno di Alleanza Nazionale meritano una riflessione anche da parte di chi nel lontano 1995 non ha gradito e non ha salutato con entusiasmo la ‘svolta purificatrice’ di Fiuggi. In avvio del suo secondo decennio di vita, AN è giunta ad un punto di svolta, ad un bivio. Forse inimmaginabile per chi conosce marginalmente la comunità umana nata e cresciuta nel Movimento Sociale Italiano, allevata e fortificata a ‘pane ed opposizione’, che compone la spina dorsale ‘alleanzina’. Una comunità rimasta fedele alla linea del partito (più ancora a quella del suo capo) per dieci anni, disciplinata, silenziosa ed ubbidiente, nonostante lo stupefacente avvicendarsi di ‘elefantini’, ‘firme referendarie obtorto collo’, ‘voti per immigrati’, ‘vuoti di memoria’, ‘abiure mediorientali’, ‘libertà di coscienza’ e ‘diseducazioni varie’.

Il patologico culto della personalità che tanti hanno coltivato in questi anni, l’acquiescenza ammorbante sparsa a piene mani, la latitanza di una coscienza critica come quella rappresentata a destra dal mondo giovanile, rappresentano gli ingredienti della miscela che ha inevitabilmente alimentato (va da sé, il terreno è fertile…) l’idea dell’uno che pensa per tutti e pensa bene. In perfetta linea col motto di Nazzariana memoria: “chi non beve con me, peste lo colga”. Torna in mente Berto Ricci, fascista anticonformista e assai critico verso il Regime, esempio di carattere, di coraggio civile, schierato contro i pigri e contro gli immobilismi, che nel 1938 scrisse: “Bisogna finirla col miracolismo dell’uno che pensa per tutti. Muoversi, sapere sbagliare. Sapere interessare il popolo all’intelligenza. Finirla con la psicologia dei momenti eccezionali, che sta servendo magnificamente gli interessi delle gatte morte e delle acque chete. Libertà da conquistare, da guadagnare, da sudare. Libertà come valore eterno, incancellabile,  fondamentale…”. E lo scriveva quando quell’uno era Benito Mussolini.

Ma ‘gutta cavat lapidem’ ed anche i più acriticamente fedeli alla linea stanno cominciando a scalpitare e in AN, al di là del ‘gossip da bar’, si è aperto il momento della riflessione. Utile, indispensabile, improrogabile, soprattutto se non condizionata da simpatie e da appartenenze correntizie, per un partito che negli ultimi anni ha discusso poco, per un vertice poco incline ad accettare critiche, per una classe dirigente che spesso ha ‘disertato’ gli appuntamenti, per una base dove i più feroci nemici sono considerati gli avversari interni.

Si impone la ricostruzione dei gangli vitali del Partito, perché torni ad essere quel movimento delle origini, presente sull’intero territorio come soggetto attivo, dinamico, vivo, protagonista della politica. Si cominci dall’archiviazione di quell’infausta e improduttiva idea dei circoli (perpetuata scimmiescamente dopo l’infatuazione per i ‘club azzurri’) che ha portato ad una più accentuata e deteriore personalizzazione della vita interna: luoghi puramente elettorali, dove sono avvenute esclusivamente alchimie correntizie. Trasformandoli in sezioni proiettate verso la comunità ed i suoi problemi, le sue angosce, i suoi slanci di partecipazione. Con attività basata sulle idee, sui propositi, sulle iniziative, intendendo la politica come speranza, come creazione. Una coraggiosa marcia indietro, primo passo fattivo per la ricostruzione del partito sul territorio.

Un Partito ben fermo nelle proprie radici, che non senta l’esigenza di alcun tipo di abiura (anzi, senta il dovere di contribuire in prima persona ad una necessaria revisione storica) o di estemporanee adesioni a valori storici e politici che nulla hanno a che fare con la propria tradizione. Che abbia ben ferma la propria opzione partecipativa e presidenzialista. Che sia garante degli interessi nazionali, schierato in difesa dell’identità nazionale all’interno di un’Europa delle patrie. Che riaffermi il primato della politica sull’economia. Un Movimento con forte caratterizzazione sociale, propugnatore dei valori della solidarietà in difesa della famiglia, delle categorie più deboli, dei ceti meno protetti, senza per questo sfociare nell’assistenzialismo parassitario. Che si occupi con soluzioni valoriali della crisi demografica, della crisi abitativa, della disoccupazione.

Potrebbe essere giunto il momento, anche per coloro che hanno ‘subito Fiuggi’, di mettere a disposizione degli imperituri valori – che hanno trovato inevitabile alloggio nel ‘contenitore AN’ (come ieri era stato il MSI) – la propria volontà, le proprie capacità. Cercando di ridare vita alla politica delle idee e riaffermando un’identità che pare smarrita. Un contributo indispensabile per salvaguardare una ‘storia valorosa’ che rischia di essere sepolta nel nome di una sfacciata ‘real politik’. Rendersi utili per consolidare una comunità che ritrovi in alcune idee-forza la decisiva spinta verso la passione politica, decisamente al di là degli sterili personalismi. Per convincersi che basterà fare pulizia sulla soglia di casa e la città sarà più pulita.

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