Una delle pagine più tristi della storia italiana, fitta di misteri, intrecci e verità scritte a tavolino: la strage alla stazione di Bologna. Esiste una ‘verità processuale’ che alla luce di alcune novità (esame del dna, passaporti falsi ecc.), che finalmente stanno emergendo, è messa pesantemente in discussione. Un articolo affinché coloro che poco sanno e meno ricordano possano documentarsi e valutare…

Il misterioso caso dei resti della povera Maria Fresu (una delle 85 vittime della strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980 per i quali è stato richiesto, durante un processo in corso, l’esame del dna) era stato recentemente rispolverato in un libro (“I misteri di Bologna”) scritto a quattro mani da Rosario Priore, uno dei magistrati più impegnati nelle indagini sul terrorismo, e dall’avvocato Valerio Cutonilli, raccontandolo come la storia di un “cadavere scomparso”. Oggi, i resti attribuiti alla 24enne sarda (originaria di Nughedu San Nicolò ed emigrata con la famiglia in Toscana), grazie alla comparazione del dna con quello di alcuni familiari, non risultano essere suoi, facendo ipotizzare la presenza di una 86ma vittima della strage, mai identificata e della quale nessuno ha mai reclamato il corpo.

Se si affianca questa novità alla scoperta (recentemente rilanciata dall’agenzia Adnkronos) di un passaporto cileno falso, utilizzato in quei giorni da una donna in un albergo davanti alla stazione bolognese (la sua identità è tuttora sconosciuta), il mistero si infittisce. Seppure sia stato accertato che quel documento contraffatto fosse del tipo di quelli utilizzati da una centrale del terrorismo mondiale molto attiva in quegli anni: il gruppo di Carlos lo Sciacallo.

Quella maledetta mattina del 2 agosto, l’operaia tessile sarda era in partenza per le vacanze al Lago di Garda con la figlia Angela (neanche 3 anni) e si trovava nella sala d’aspetto dove avvenne l’esplosione. Con loro anche due amiche, una morta insieme alla piccola Angela, mentre l’altra si salvò, nonostante le gravi ferite riportate. Di Maria, invece, nessuna traccia. Eppure, l’amica superstite raccontò che al momento dell’esplosione erano tutte insieme. Durante le ricerche il suo corpo non venne ritrovato, e, nonostante la diversità di gruppo sanguigno, le furono attribuiti alcuni resti. Proprio quelli che in questi giorni sono stati esaminati e sono risultati non appartenere a Maria.

Il fatto che un cadavere possa mancare all’appello aprirebbe scenari finora inesplorati, avvallando l’ipotesi che la scena del crimine sia stata alterata, ad opera di mani sconosciute, con l’obiettivo di creare le condizioni di inquinamento, allontanando la verità su causa ed autori dell’esplosione: un ampio disegno di depistaggio. L’unica certezza è che, come hanno sottolineato Priore e Cutonilli, “Maria Fresu è con assoluta certezza una vittima inocente della strage di Bologna e merita giustizia”.

Volendo duplicare i misteri della strage bolognese a proposito di Sardegna (sono gli anni nei quali in Barbagia erano ospitati i depositi di armi ed esplosivo del terrorismo palestinese) si potrebbe ricordare il caso del passaporto del professore di Aritzo, vicino ad ambienti della sinistra extraparlamentare, ritrovato tra le macerie dopo l’esplosione: non fu  mai appurato, per troppi silenzi e tanti ‘non ricordo’, come fosse finito nella sala d’aspetto della stazione. Eppure, fu verificato che l’insegnante sardo (ancora in vita e residente nell’Isola, ma che non ha mai parlato di questa vicenda) si trovasse a Bologna proprio nei giorni precedenti l’esplosione.

L’invocazione dei compaesani di Maria, che chiedono di lasciarla “riposare in pace”, è comprensibile, ma se questa novità aprisse un nuovo scenario su una delle pagine più tristi della storia d’Italia merita di essere approfondita. Anche nel nome di Maria, della sua piccola Angela e delle altre vittime della strage.

Fabio Meloni

(da “L’Unione Sarda” del 22 ottobre 2019)

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