Lettera aperta contro “Magazzino 18” (Vincenzo Maria De Luca)
Mar 18th, 2014 | By Faber
Consentitemi di essere una voce libera fuori dal coro.
Consentitemi di essere una voce libera fuori dal coro.
Si scusa con gli esuli in fuga dall’Istria, da Fiume e dalla Dalmazia per l’accoglienza in patria con sputi e minacce dei comunisti italiani. Ammette gli errori della facile equazione profugo istriano uguale fascista e della simpatia per i partigiani jugoslavi che non fece vedere il vero volto dittatoriale di Tito. Riconosce all’esodo la dignità politica della ricerca di libertà. Maurizio Angelini, coordinatore dell’Associazione nazionale partigiani in Veneto, lo ha detto a chiare lettere venerdì a Padova, almeno per metà del suo intervento. Il resto riguarda le solite e note colpe del fascismo reo di aver provocato l’odio delle foibe. L’incontro pubblico è stato organizzato dall’Associazione Venezia Giulia e Dalmazia con l’Anpi, che solo da poco sta rompendo il ghiaccio nel mondo degli esuli. Molti, da una parte e dall’altra, bollano il dialogo come «vergognoso».
Raccontare sessantott’anni di passioni, tensioni, idee, mentalità attraverso centinaia di microstorie e di biografie private non è cosa semplice. Se poi l’oggetto di studio è una città intricata come Trieste e, soprattutto, un segmento complesso come il neofascismo e/o il postfascismo giuliano il compito è decisamente complesso. Complimenti dunque a Pietro Comelli e Andrea Vezzà, due giovani ricercatori, autori di “Trieste a destra – Viaggio nelle idee diventate azione lontano da Roma” (Edizioni Il Murice, Trieste Pg 427 – Euro 22.00) che con perseveranza e libertà intellettuale hanno esplorato un’esperienza plurale, generosa, a volte contraddittoria ma certamente originale. A differenza delle vicende nazionali, a Trieste la “destra” (termine limitativo ma obbligato) ebbe molte espressioni, tanti volti, un percorso interno particolare e sempre intrecciato, riprendendo Marc Bloch, ad un “fondo permanente”: la tragedia del confine orientale.