Qualcuno nel versante ‘destro’ è convinto di combattere la ‘guerra delle parole’, stravinta da decenni dalla propaganda di sinistra, utilizzando la parola “fasci*ta” secondo lo schema che loro, i vincitori della ‘guerra’, hanno imposto da decenni. Quindi, come sinonimo di violento, rozzo, ignorante, zotico, brutto, cattivo e anche sporco.

Mi provocano tenerezza (ma anche tanta rabbia) perché sono le più evidenti e clamorose vittime della ‘guerra’. Addirittura ne sono prigionieri inconsapevoli, orgogliosi e tronfi nell’utilizzare la fasulla litania: “i veri fasci*ti sono loro”…

Oggi, la palma d’oro va al direttore del quotidiano “Il Tempo”, Davide Vecchi, che si spinge a scrivere “un drappello di fascistelli travestito da compagnucci” e “un gruppetto di barbari, prepotenti e stupidi. Quindi fascisti”.

Eppure, quelle signore e quei signori che hanno impedito al ministro Roccella di presentare il suo libro al Salone del libro di Torino hanno le loro legittime idee. Perciò, potrebbero essere chiamati comunisti, progressisti, anarchici, antifascisti o più semplicemente intolleranti, perché non accettano che esita qualcosa di diverso dal loro ‘pensiero unico’.

Non farsi imporre il vocabolario sarebbe una gran cosa e un importante passo avanti anche nella difficile battaglia contro l’egemonia culturale, che, soprattutto in questi casi, non è solamente all’interno delle strutture che fanno cultura, ma addirittura ben insediata nel cervello di alcuni che invece si credono liberi.

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