Un romanzo ispirato alla cronaca per raccontare l’arcipelago della gioventù postfascista a Milano, rivelando anche particolari e storie inedite presentate senza sconti: Fabrizio Fratus, sociologo ora vicino alla Lega, con “Fascisti su Milano” (Edizioni Alpine Studio) si è mosso su questa lunghezza d’onda – tra ricostruzioni fattuali e innesti immaginari – per descrivere dall’interno un’area politica che non può essere ridotta solo allo spaccato delle inchieste giudiziarie che l’hanno attraversata.
“Ho voluto raccontare la decadenza di quanto è avvenuto in Lombardia e nella città di Milano, di come alcuni accadimenti sono stati “costruiti” e manipolati (…). Ho quindi cucinato il tutto – ha scritto Fratus – con qualcosa che non considererei sotto un’accezione del tutto negativa, definendosi “letteratura”, “romanzo”, “creatività”, anche se rigorosamente dalle prime lettere minuscole”.
Nell’introduzione Dario Leotti sottolinea come “Riaffiorano così in modo spontaneo, quasi discorsivo, la vitalità che scaturisce dal cameratismo e dalla voglia di lottare contro il proprio tempo e contro i modelli sociali, economici, etici e politici che lo governano. Riaffiorano altresì il ricordo delle elaborazioni teoriche, quello delle scazzottate, la sensazione adrenalinica dell’azione, condotta da un sottobosco socio-culturale poco conosciuto per la qualità delle proprie idee e vittima di molti e grandi pregiudizi”.
C’è il profilo vitalista ma anche la semplificazione delle tesi e degli slogan, il fascino della scelta di schierarsi con i “cattivi” e il senso di accerchiamento che nella metropoli meneghina si respira ogni qualvolta si scende in piazza o si promuove una manifestazione pubblica. Chi è il protagonista del romanzo e come si può descrivere? “Fabrizio è fascista. Ma per nessuno di questi motivi. Lui, fascista, ci è nato. Fascista di genitori fascisti che all’anagrafe lo hanno chiamato anche Benito, lasciandogli, così, in eredità un grande sogno, o una condanna. Dipende dai punti di vista. Quando cala la sera, in via Legnone a Milano, si apre una sede: sono i ragazzi di Limes. La sede, un locale con magazzino, è finanziata con il contributo di coloro che aderiscono al progetto meta-culturale volto a rompere i vecchi schemi della politica e portare avanti idee nazionali e popolari, al di là delle etichette di destra e sinistra”.
Tra le rivelazioni storiche del libro c’è il passato da neofascista di Davide Cesare, simbolo della sinistra radicale milanese, con il rimpianto da parte di Fratus di non aver saputo interpretare il disagio esistenziale di un giovane che viveva intensamente le inquietudini della sua età. “Davide Cesare – sostiene l’autore – era un giovane militante della Fiamma Tricolore, un ragazzo sempre presente e attivo. Non è vero assolutamente che lui si allontanò dal movimento neofascista per scelta, la realtà è ben diversa, un pomeriggio venne a spiegarmi un fatto strano. (…) Lo chiamai e gli chiesi se fumava le canne, confermò e così lo espulsi. Oggi so che fu un errore, non perché poi a causa mia passò nelle fila dell’autonomia, anche altri camerati come Nicolò, Francesca ed Anna fecero lo stesso percorso, ma perché Davide aveva bisogno di aiuto e io, al contrario, oltre a non darglielo, lo allontanai dalla sua comunità. Fu un grande errore”.
E sulla tragica fine di Davide nel libro Fratus afferma che “non fu un omicidio politico (…) fu una disputa inutile e stupida e la politica non fu il movente”. L’autore evidenzia anche come le campagne di odio contro le associazioni di destra postfascista a Milano creino le condizioni per un pericoloso ritorno degli spettri degli anni settanta. Infine c’è anche un passaggio inedito su un incontro tra rossi e neri per chiarire la vicenda misteriosa dell’accoltellamento del consigliere comunale Davide Tinelli: “Nel 2003, in un bar di via Magenta, Daniela – scrive Fratus – mi presentò Umberto Gay con cui parlai qualche istante dell’aggressione del 1997, mi rivelò che anche loro avevano dubbi su quanto stava facendo la polizia”.
Liam Brady
(da “Barbadillo” – 25 ottobre 2013)