In fin dei conti è troppo facile prendersela con Storace. E’ l’unico, degli ‘ex big’, che da mesi canta solitario la canzone dell’Unità. Non si tratta di un inno al quotidiano fondato da Antonio Gramsci, ma di un’ode rivolta a quella ‘destra’ che c’era un tempo, quella che lui e tanti altri, il capriolatore Gianfry in primis, hanno distrutto coi loro capolavori politici. Trovo encomiabile che, comunque, riesca a condire i suoi ripetuti appelli con la grinta e la tenacia che l’ha sempre caratterizzato. Ma finisce sempre per deludermi.
E’ evidente che sia un vero sentimentale e negli ultimi mesi ha ritrovato due vecchi amori. Da quando ha fatto diventare il suo partito, La Destra, un satellite di Forza Italia, ha ritrovato una lieta intesa con Maurizio Gasparri, che l’ha anche invitato a parlare (unico poliico esterno a FI) nella festa dei ‘giovani azzurri’ in Puglia, e riconoscente non perde occasione per ringraziarlo pubblicamente: «in Forza Italia il solo Gasparri sembra avere ancora la voglia di battersi per i nostri comuni valori».
Più recentemente, si è commosso per la telefonata di Fini, che ha solidarizzato per l’infame processo che sta subendo per vilipendio del Capo dello Stato e da quel momento gli riserva tante carinerie, arrivando anche a scrivere righe strappalacrime: «…da lontano Fini guarda le macerie che ha lasciato. Certo, con i suoi errori, ma senza di lui è andata ancora peggio, questa è la realtà». Ma i primi amori non si scordano mai, tanto da fargli scrivere, inserendosi nella feroce polemica su twitter proprio tra Fini e Gasparri, «io non dimentico il leader». Facile capire a chi si riferisse.
Eppure, sembrerebbe partire con le migliori intenzioni, fotografando la tristezza del momento vissuto dai resti di quella citata ed abusata Comunità, che viene da lontano: «Il movimento della Meloni, Fratelli d’Italia, non riesce ancora a decollare perché non dà l’idea di volersi unire ad altri; Ncd con le ovvie difficoltà per chi ha un’anima di destra a stare in un partito alleato con la sinistra… Vivo la realtà della Regione Lazio: io sono capogruppo de La Destra; Giancarlo Righini lo è per Fratelli d’Italia; Luca Gramazio guida il gruppo di Forza Italia e Pietro Di Paolo quello di Ncd. Quasi fosse uno scherzo, c’è pure la lista Zingaretti ad essere guidata da un ex-An, Michele Baldi. Tutto questo è insopportabile». Condivisibile.
Storace conquistò fama e notorietà quando fu il brioso e fantasioso addetto stampa di Fini ed effettivamente inventò un personaggio, strappandolo dal grigiore che lo caratterizzava. Lo portò frequentemente alla ribalta della cronaca politica nazionale, facendolo diventare uno dei principali protagonisti del centrodestra, forte di un consenso che oggi viene vissuto come un sogno probabilmente irripetibile. Insomma, un abilissimo comunicatore, o almeno così tutti abbiamo finora creduto. Infatti, leggendo gli ‘scivoloni comunicativi’ che sta compiendo negli ultimi mesi, vien da chiedersi chi oggi lo consigli o se, perdendo visibilità nello scenario nazionale, abbia perso anche la stoffa di un tempo.
Sospetto fortificato da alcune domande che, seppure si sia affrettato a precisare siano fatte «senza disegni altri, ma solo per voglia di capire e discutere su che fine deve fare questa comunità», lasciano perplessi e dubbiosi: «Se le colpe sono state di Fini, perché senza Fini non ci si riesce ad unire? Senza Fini, siamo più compatti o meno compatti? Se il ‘traditore’ era lui, perché senza il ‘traditore’i ‘puri’ non riescono a marciare uniti? Vuoi vedere che alla fine era l’unico leader capace di tenerci insieme?».
Recentemente, avevo già proposto a Storace 10 domande, alle quali ha legittimamente deciso di non rispondere ed effettivamente perché mai avrebbe dovuto farlo, visto che non sono né un intellettuale di fama, né un dirigente politico di vertice, né un militante del suo partito?
Perciò, mi limito a proporne una sola, rivolta a chi avrà voglia e tempo di cimentarsi: perché ha tutta questa ansia di riciclare o riabilitare il capriolatore Gianfry?

P.S. = I brani virgolettati sono tratti dall’editoriale di oggi sul Giornale d’Italia.

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