Fronte della Gioventù, una storia a lungo attesa (Marco Valle)
Gen 27th, 2014 | By Faber
Un libro può diventare una trappola. Un mare procelloso e fascinoso. Se indugi un attimo in più del dovuto sulla battigia, vedi spiaggiarsi sulla scogliera della memoria manciate di ossi di seppia, ondate di “triste meraviglia, cocci aguzzi di bottiglie”. Resti di un naufragio. Un libro può assomigliare ad un oceano profondo e impietoso. Le onde riportano, a volta, spezzoni di vita vissuta che — come Guccini insegna — ti avvolgono come miele: la nostalgia è un sentimento ambiguo e pericoloso. Da evitare. Non sempre, però, riesci a sottrarti alla malia delle maree, al loro richiamo e, allora, ti attardi sul litorale dei ricordi, dove ritrovi resti di bandiere stracciate, polene marcite, vele strappate, pennoni spezzati. Malinconia mista a tenerezza e un po’ d’incazzatura. Un libro — centinaia di fogli, migliaia di righe, decine di capitoli — talvolta non ti risparmia nulla. Soprattutto se chi scrive ti ricorda l’affondamento del grande battello tricolore, un vascello un po’ vecchio e scassato, ma abbastanza dignitoso. All’improvviso dal gorgo riaffiorano carte, date, nomi. Volti. In lontananza scorgi nocchieri, nostromi, capitani, ammiragli che abbandonano il povero relitto incagliato sulla scogliera. I mozzi, no. Loro sono affogati mentre i marinai annaspano tra le onde, ma non importa. È il destino della “bassa forza”, quelli che faticano e sgobbano. Le scialuppe — poche, come quelle del Titanic — sono piene di gallonati comandanti, incapaci e impomatati come uno Schettino qualsiasi. Un tempo, affollavano la plancia e applaudivano il grand’ammiraglio — l’infallibile che ha fallito —; oggi tutti, compreso il navarca supremo, asciugano i loro panni sulla spiaggia e fissano l’orizzonte con occhi liquidi. Disorientati. E disoccupati.