OMNIBUS

Se la destra è morta di mediocrità (Marcello Veneziani)

Giu 12th, 2013 | By

La destra in Italia non è sparita perché ha fatto troppo la destra; non è caduta su progetti, imprese, idee connotate con i propri colori. È morta d’anemia, si è spenta perché si è resa neutra e incolore, perché si è uniformata per confondersi; perché non ha inciso, non ha lasciato segni distintivi del suo passaggio.



Se i rami di destra avessero un solo tronco (Marcello Veneziani)

Feb 19th, 2013 | By

A dodici anni m’innamorai della fiamma tricolore. I comizi di Almirante, la passione politica, la storia proibita, l’amor patrio come scandalo da sbandierare. Poi venne Rauti e la speranza presto abortita di una rivoluzione culturale, sociale e nazionale. Seguì il disincanto, la critica al Msi, la cultura senza politica e la necessità di andare oltre, verso una nuova destra. Basta con la testimonianza e il rancore, meglio una destra che incide nel presente, dialoga e si apre al nuovo, vedi Craxi. Riviste, idee, proposte. È bello l’elogio dei vinti ma in politica si punta a vincere.



Ma se il killer di Oslo fosse comunista non farebbe così orrore (Marcello Veneziani)

Gen 25th, 2013 | By

Questa volta l’avete fatta sporca, amici e nemici della sini­stra nostrana. Sui giornali di sinistra insistono da giorni a dare una connotazione politica alla strage compiuta dal mostro di Oslo. Ieri su la Repubblica, Michele Serra si è accodato a definir­lo un delitto politico compiuto da «uno schifoso fanatico di de­stra », paragonandolo a Hitler e sostenendo che la pazzia di am­bedue non cancella la matrice politica di entrambi. E sempre su la Repubblica Francesco Merlo ha definito Breivik la versio­ne degenerata di Oriana Fallaci e dei giornali italiani di centro­destra, pur concludendo che si tratta di un colossale cretino. Non sono un fan della Fallaci e non ho fobie antislamiche e pulsioni nordico-occidentaliste, ma questo paragone che circola sottotraccia sulla stampa di sinistra e a volte affiora in superficie, mi pare davvero carognesco. Non ho mai pensato di giudicare, che so, il terrorista Cesare Battisti, la versione estrema di Bersani, Vendola, la Repubblica o di chi volete voi. E parliamo di un terrorista politico, mica di un paranoico come Breivik. Cosa differenzia un terrorista politico da un mostro malato di paranoia? Il fatto che il primo compie il suo atto nell’ambito di un gruppo e con il consenso di un’area da cui il gruppo attinge le sue leve, colpendo obbiettivi mirati e condivisi. Il secondo invece compie il suo gesto nella solitudine della sua mente malata, spesso colpendo obbiettivi che sono la proiezione della sua paranoia.



Il controrevisionismo alemanniano (Franco Freda)

Mag 1st, 2012 | By

A Roma, in pochi giorni, il sindaco Gianni Alemanno è riuscito a collezionare un crescendo di artificiali vuoti di memoria. Dopo aver enfaticamente omaggiato il ‘bombarolo’ Bentivegna ed aver piagnucolato per il mancato invito dei partigani al corteo resistenziale del 25 aprile, si è esibito in un repentino dietrofront, ritirando l’autorizzazione per l’utilizzo di una sala comunale per la presentazione di un libro su Nietzsche, edito dalla Ar, casa editrice di Franco Freda, coinvolto, e poi assolto, nel processo per la bomba di piazza Fontana.



Necrologio onesto del fascismo (Marcello Veneziani)

Ott 28th, 2011 | By

Il 28 ottobre del 1922 il fascismo marciava su Roma e io vorrei tentare in poche righe un necrologio onesto che scandalizzerà molti e scontenterà tanti. Tenetevi forte. Nei 150 anni di Italia unita il fascismo resta insuperato sul piano delle realizzazioni e delle riforme, del consenso popolare e del prestigio mondiale, dell’integrazione nazionale e sociale delle masse, dell’ordine e dell’efficacia di governo, dell’onestà pubblica e della dedizione allo Stato e all’amor patrio. Chi lo nega è disonesto, nega la realtà e la verità. È invece onesto dire che tutto questo non basta a compensare la perdita della libertà, l’imposizione e la violenza, la finzione retorica, la sciagurata alleanza col nazismo e la complicità nel razzismo e infine la passione fatale della guerra. Non si bilanciano beni e mali imparagonabili tra loro. Chi fu fascista a babbo morto, quando era già sepolto e proibito, credette in buona fede che fosse essenziale il primo lato e accidentale il secondo; ne elogiò a suo rischio le grandi imprese e reputò i disastri frutto di errori e circostanze, cattivi alleati e pessimi nemici. Non fu così, autentici furono ambo i versanti; da qui l’interpretazione tragica del fascismo. In un necrologio onesto il fascismo grandeggia nella storia in ambedue. Mussolini resta il più grande politico italiano nella storia del ‘900; ma più grande non vuol dire il migliore. Grandi furono pure Stalin e Mao, tiranni sanguinari (altro che il duce). Non riusciremo a digerire il fascismo finché non diremo tutta la verità, anziché solo la metà.



Dieci domande al gemello intellettuale di Fini (Marcello Veneziani)

Nov 22nd, 2009 | By

Il mistero di Gianfranco Fini è stato finalmente svelato. Tutti si chiedevano cosa gli fosse successo, perché avesse cambiato così radicalmente opinione; ma nessuno era in grado di spiegare il perché. Ora la spiegazione è arrivata dal libro “Il futuro della libertà” che è in libreria a firma Gianfranco Fini. Leggendo questo libro ci siamo accorti della verità. L’ex leader del Msi e di An ha un gemello omozigote che ha vissuto congelato fin dalla nascita in una cella frigorifera piena di libri. È stato condannato a leggere e studiare fino a diventare un intellettuale, a differenza del fratello parlante.



Arriva «Katyn» e dall’Italia una seconda censura (Luigi Geninazzi)

Mar 8th, 2009 | By

La sala è stracolma di spettatori commossi: sul grande schermo scorrono le immagini della doppia invasione, nazista e sovietica, nella Polonia del 1939, una sequenza tragica che toccherà il suo culmine nella strage di oltre ventimila ufficiali dell’esercito polacco compiuta dai bolscevichi per ordine di Stalin. ‘Katyn’, il film realizzato da Andrzej Wajda nel 2007, è giunto finalmente in Italia. Un film bellissimo che rievoca uno dei più atroci e ignorati massacri del secolo scorso senza risparmiare alcun dettaglio dell’orrore, ma al tempo stesso senza cedere all’odio.



Leader Pd: Il mister X ideale viene da destra… (Stenio Solinas)

Feb 21st, 2009 | By

Il copyright, lo confesso, non è del tutto mio, ma io ci metto il know-how, che è poi quello che serve e che conta nel tempo dell’I Care e dello Yes, we can… E quindi, e insomma, Why not Gianfranco Fini al posto di Walter Veltroni? L’idea me l’hanno data il professor Roberto Zavaglia, che è uno dei migliori analisti di politica internazionale in circolazione, e Andrea Marcenaro, ovvero il re dei corsivisti italiani, l’uno a voce, a cena, l’altro per iscritto, sul suo giornale, Il foglio, ma quella che per loro è una boutade, può anche divenire, come avrebbe detto Ciriaco De Mita, «un ragionamendo politico». Seguitemi. Si sa che Fini è stato fascista nella stessa logica con cui è divenuto antifascista. È un professionista della politica, ovvero un contenitore vuoto disponibile a riempirsi del liquido ritenuto in quel momento più potabile. La Destra oggi soffre di un problema di sovrappopolamento: ce n’è troppa, con troppi leader più o meno in competition e tuttavia con un capo incontrastato qual è Berlusconi. A lungo Fini si è immaginato come suo delfino, ma la scienza medica è contro di lui. È dell’altro giorno la notizia di un vaccino che, stando a dei ricercatori statunitensi, porterebbe l’età media oltre il secolo di vita… Fra trent’anni, insomma, avremo ancora Silvio premier e Gianfranco in lista d’attesa… È una strada chiusa. A Sinistra invece c’è il caos e la strada è aperta. Un po’ perché le sconfitte elettorali hanno sempre molti padri, un po’ perché quella generazione di cinquantenni è alla frutta, usurata dal suo continuo fondarsi e rifondarsi, dall’eccesso di sigle con cui si è nel tempo ribattezzata, dalla smania fratricida che l’ha pervasa, un pugnalarsi freneticamente alle spalle… È un caos umano, nel senso di leadership, ma anche politico, in quanto che cosa sia la Sinistra, che cosa sia di sinistra, nessuno lo sa più. La confusione è talmente grande sotto quel cielo che alle ultime elezioni regionali si è giocata la carta di un sardo-capitalista, Renato Soru, e su Repubblica l’intellettuale di riferimento Michele Serra si è riscoperto un teorico del Law and Order: ronde, vigilantes, magari qualche sana impiccagione preventiva ai lampioni del centro e della periferia… La deriva, dunque, è evidente, quella di una Sinistra che in mancanza d’altro scimmiotta la Destra, butta via Il Capitale e insegue i capitalisti. Chi dunque meglio di Gianfranco Fini la può rimettere in carreggiata, ridargli quell’anima sociale e solidale che è andata perduta fra l’acquisto di una barca nel Salento, una banca in Lombardia e tre camere a Manhattan? Fini, per fare solo qualche esempio, si è dichiarato favorevole al diritto di voto per gli immigrati, difende la laicità dello Stato e l’autonomia dell’individuo, è per le coppie di fatto ed è un critico severo del cesarismo, sia vero sia presunto, ha inaugurato la sua chat-on-line e ha già fatto sapere che il Festival di Sanremo non gli piace. In una parola, e insieme moderno e antico, elitario e popolare e non è forse questo il modo migliore per incarnare oggi la Sinistra? Il linguaggio, poi. Diciamoci la verità, la «lingua di legno» di Veltroni&C si è da tempo fatta insopportabile, un ritualismo bugiardo e fumoso dietro il quale si nasconde la totale mancanza di contenuti. Fini, invece, pur senza dire niente lo dice bene, e questo è se non altro un passo avanti sulla strada della chiarezza. Non siete convinti? Va bene, mettiamo giù allora il carico da novanta della telegenia. Si sa che il Cavaliere nero vince anche per questo e certo se gli opponi i borborigmi di Prodi, l’espressione patibolare di Fassino, il doppio mento di Veltroni, dove vuoi andare? Qui invece c’è un ancor piacente cinquantenne, un po’ stagionato ma sempre abbronzato, fresco papà, sub esperto. Vuoi mettere? Con lui sì che si riequilibra la partita, basta con le melensaggini piccolo-borghesi di pullman, caminetti, biciclette, mezze-calzette… Ma, dice qualcuno, ci sarebbe anche la carta Bersani… Dico, scherziamo? Bersani è di Piacenza, Fini è di Bologna, dialetto per dialetto meglio la dotta e la grassa Bologna che la irrimediabilmente provinciale Piacenza. Poi Bersani è calvo e non ha alcuna intenzione di ricorrere al trapianto, laddove Fini i capelli ce l’ha ancora e quindi non ha bisogno di procurarseli artificialmente. Infine, Bersani vuol dire D’Alema e allora siamo da capo a dodici, si ritorna alla celebre invettiva morettiana: «Con questi leader non vinceremo mai»… E l’antico fascismo finiano, diranno i duri e puri, gli inguaribili, gli immarcescibili? Be’, il Duce all’inizio era socialista, che c’è di male a sperimentare il percorso inverso? Del resto, se Veltroni non è mai stato comunista, nemmeno da piccolo, se Violante dice da grande di vergognarsene, Fini almeno può affermare con orgoglio che questo tipo di abiura non ha bisogno di farla, lui comunista non è mai stato. Quanto al «nero» peccato originale, si è già cosparso più volte il capo di cenere, e per la verità non solo quello… Da qualunque parte la si guardi, la candidatura di Fini alla guida dei Pd è perfetta. È una figura istituzionale, e stato ministro degli Esteri e vicepresidente del Consiglio, e un paladino della Costituzione, è alto come Obama… Si può fare, insomma, Yes, we can.



Ronchi dei Salivari (No Reporter)

Feb 19th, 2009 | By

“Israele è come il Fronte della Gioventù”. Con questi vocalizzi emessi tra la saliva, il più mediocre dei ministri in carica ha preteso di equiparare i giovanissimi Caduti per la libertà, che non esitarono a mettere in gioco le loro vite contro una prepotenza diffusa e un nemico impari, a chi la libertà e la dignità altrui le calpesta ogni giorno. Non si vede proprio cosa possa accomunare i sedicenni, diciassettenni, ventenni, immolati per fierezza e dignità a una potenza che occupa, taglia viveri e medicinali, blocca l’acqua, fa morire le puerpere, massacra vecchi e bambini. Forse il ministro confonde e voleva parlare non dei militanti ma dei vertici, di quelli che prima ancora di lui fecero una carriera sul sangue di quei Ragazzi e che non esitarono a compiere cinici mercimoni. Allora farebbe bene a chiarirlo per non insultare la memoria dei Caduti. Ma, così facendo, a pensarci bene insulterebbe gli israeliani. Infatti se un Olmert si vedesse paragonato a un Ronchi, o un Barak a un Fini non è che lo prenderebbero proprio come un complimento coloro che tanto al ministro preme compiacere.



Nessun dubbio, vogliono il morto (Gabriele Adinolfi)

Nov 4th, 2008 | By

Vogliono il morto! Che a volerlo siano i “rivoluzionari” frustrati dalla perdita di ogni consenso e addestrati dai loro seminari politici all’eliminazione degli avversari è quasi normale. Non è normale, non è usuale, non è ammissibile, non accadeva neppure negli Anni Settanta, quello che alcuni fiancheggiatori, protettori e complici dei frustrati dei Centri Sociali e di Rifondazione stanno oggi facendo. Non è accettabile che escano articoli compiacenti con i facinorosi, gli aggressori, i mazzieri stipendiati dai partiti, che alcune testate nazionali (Corriere della sera, Repubblica) hanno pubblicato. Non è immaginabile che si lascino esporre all’università liste di proscrizione con nomi e foto degli obiettivi da colpire, com’è accaduto lunedì mattina. E questo all’indomani di una prima serie di aggressioni commesse in Italia condite dall’improvviso apparire di attentati vari su obiettivi diversi. Uno scenario fosco che si ripete. Permettere tutto questo significa, esattamente come trentacinque anni fa, alimentare la spirale anziché interromperla.